Da Cesena a Zabbar. Dall’Italia a Malta: così vicina, così lontana. Tra il lavoro, gli esami, la spiaggia di Cervia, e le serate con gli amici il tempo è volato. Tiziano Terzani parlava di quelle giornate che passano “senza lasciare una traccia”: soprattutto d’estate, terminati gli esami, il tempo ci prende in giro. E appunto, vola. Come quell’aereo di linea che ha caricato l’otto settembre una comitiva composta da romagnoli e non (più non, che altro). Rappresentavamo il nostro Comune, come ragazzi e cittadini attivi.
La prima parte del progetto Erasmus+, che vedeva ospitata a Cesena una compagine di giovani maltesi impegnati nella politica locale, è stata un’occasione per conoscere gente nuova, oserei dire amici. E magari qualcosa di più. Ma alla partenza, i miei compagni di viaggio erano per la maggior parte sconosciuti; o meglio, come direbbe un bravo educatore, delle persone da scoprire.
Ho salutato e chiacchierato con tutti da Cesena a Bologna (ne sono proprio sicuro?): penso che sarà una bella avventura, ma le aspettative rimangono volutamente basse.
Selfie di gruppo e si parte.
Il viaggio è accompagnato da una “cochina, bella fresca” e un salato di pasticceria, da qualche turbolenza che mi ha svegliato da una siesta, e dal libro di poesie in dialetto di Pedretti, con Chiara F. perplessa di fianco a me.
La visuale di Malta dall’aereo è particolare, sembra un paesaggio mediorientale. Anche da terra la sensazione è la stessa: ”Ma siamo a Kabul?”
Qualche giorno dopo ne avremo la conferma.
Il benvenuto è piovoso. Saliamo sul pulmino. La guida a sinistra mette un po’ di terrore alla prima rotonda, ma ci faremo l’abitudine. Guardo fuori dal finestrino: tra le varie attività commerciali scoviamo con stupore anche un Conad. Viste le recenti polemiche a Cesena, guardo il Pres e domando: ”E Lukki keffàà!1!!1???”
La destinazione è il Kappara Hotel, un albergo posto su una salita (o una discesa, dipende dai punti di vista, e dalla stanchezza). È l’unico ad aver partecipato al bando, quindi il migliore e il peggiore che ci potesse capitare. A prima vista sembra moderno e accogliente.
Camera 306. Ale: che coppia. Cambio veloce. Dopo una 2 al volo e il sentimento d’odio per l’assenza del bidet, ci vestiamo in fretta e furia. In giacca e cravatta. Ci dobbiamo “tirare” per il welcome.
Scendiamo, e uscendo dall’ascensore una figura angelica mi abbaglia: è il Pres. Si presenta con un tessuto di lino, bianco. Voglio assolutamente una foto con lui.
Successivamente facciamo conoscenza con l’autista che diventerà il nostro idolo, e che ci accompagnerà con la musica “a palla” ad ogni spostamento: nessuno si ricorda il suo nome, quindi per tutti noi si chiamerà Ciro.
La meta è il Local Council, e siamo formali come non mai. Chissà com’è… Ah, è questo? Mi ricorda il centro sociale del mio quartiere. Solo che di fronte non ha una chiesa, ma il Bocci Klabb: indovinate a cosa si gioca in questo luogo. La doppia c di “Bocci” e la doppia b di “Klabb” mi fa venire in mente Alessandro Borghese, e me lo immagino a pronunciare queste due parole col suo accento romanesco. È poesia.
Durante l’estate ero andato a comprare il vestito elegante apposta per entrare nel Parlamento progettato da Renzo Piano: passerà, invece, per tutt’altro luogo.
Entriamo. Nella sala del Consiglio c’è una mostra di un pittore locale, e un tavolo in legno, con un martelletto sopra. Ovviamente tutti ci giocano, ma sempre in modo “formale”.
In seguito a una breve presentazione, visitiamo Zabbar. La piccola città è ghirlandata per la più importante festa dell’anno, quella della Madonna Tal-Grazzja, ed è divisa in due fazioni: VERDI VS BLU. E tu, da che parte stai?
To be continued…
Enrico Rossi