Lunedì 3 febbraio l’odio cesenate è emerso ancora, questa volta a Rimini, durante una partita…

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Anche quest’anno giunge a termine l’edizione di Across The Movies 2019. Per chiudere in bellezza la rassegna, la serata di giovedì 21 marzo è stata dedicata all’artista Chesney “Chet” Baker, trombettista e cantante statunitense di musica jazz.
Dalle ore 19.30 è partito l’aperitivo nel foyer del cinema con in sottofondo la diretta di Radio Icaro Rubicone “Across on air”; intanto noi abbiamo approfittato del clima disteso e delle poltroncine del bar per intervistare brevemente gli artisti ospiti della serata: Giacomo Toni e suo fratello Stefano. Giacomo è un noto autore, compositore, pianista e cantante forlivese; allievo di Dimitri Sillato, ha assorbito le basi della tecnica pianistica jazzistica per poi sconfinare in panorami creativi e fuori dal comune, ideando una tecnica che definisce PianoPunk.

UniRadio: Allora, giusto per iniziare a rompere un po’ il ghiaccio, domanda di rito: com’è nata la vostra passione per la musica?
Giacomo: Per quanto mi riguarda in veste di fratello maggiore, dato che di solito nascono in famiglia queste cose, da piccolo ho visto un parente suonare il pianoforte e ho deciso di volerlo fare anche io. Dal giorno dopo è cominciato questo vortice; avevo sette o otto anni.
U: Sì può definire una cosa di famiglia quindi?
G: No, non direttamente, i nostri genitori non sono musicisti. Avevamo un parente diplomato in pianoforte; mi ricordo questi pranzi in cui suonava, soprattutto musica classica, e da lì è cominciata la mia condanna.
U: Per quanto riguarda i generi, la passione è nata dalla musica classica quindi per poi spostarsi verso altro?
G: Beh diciamo che per quanto mi riguarda io sono sempre stato legato alla canzone italiana; ho avuto anche altri amori ma quella è rimasta al primo posto. Sono legato alla parola come ogni musicista completo: la formula della canzone è ciò che risulta più interessante per me.
U: Quindi un connubio fra parte musicale e letteraria. Per quanto riguarda quest’ultima, da dove trai ispirazione?
G: Ma sai, dipende anche dalle fasi. All’inizio magari parti da quello che ti succede, da ciò che senti; poi col tempo diventa un po’ più metodico. Letture, studio, ciò che succede nella vita di tutti i giorni. Per quanto riguarda i miei riferimenti, visto che so che stavi per chiedermelo, direi Jannacci.
U: Sempre nell’ambito dello stile, volevamo chiederti qualche delucidazione sul PianoPunk, che è qualcosa di abbastanza peculiare: cos’è, come viene sviluppato?
G: Tendo ad avere un approccio molto istintivo col pianoforte, un po’ per riconciliarmi con vecchio amore del me quindicenne, ovvero i Ramones. Col tempo mi sono accorto di avere un approccio abbastanza duro al piano, per questo lo definisco punk, privo di languore accademico insomma. Anche un po’ sgarbato, se vogliamo.
U: Per concludere: ci dite qualcosa di cosa suonerete stasera?
G: Lascio la parola a Stefano, è lui il jazzista della situazione!
S: Chet Baker è un pilastro della musica jazz. Stasera suoneremo due dei suoi brani e poi Giacomo farà un omaggio a Chet su un tema diciamo leggermente controverso: l’eroina.
G: Come tutti sanno Chet Baker si è occupato anche della canzone italiana, quindi suppongo che possa essere attinente. Proveremo a riassumere in poche canzoni quali sono stati i suoi amori per i brani italiani.
U: Grazie mille per aver risposto alle nostre domande e buona esecuzione!

Il tempo di spostarsi in sala ed è iniziata la magia. Come d’abitudine ormai la serata è iniziata con l’introduzione, mai scontata, di Luigi Bertaccini che ci ha introdotti ai periodi italiani di Chet Baker, al suo legame con la droga e alle sue collaborazioni con grandi artisti come Morricone. Dopo esserci persi tra le note dei fratelli Toni, lo schermo si è animato.
Il film si apre con un Chet Baker degli anni ’60 in una prigione lucchese al quale viene proposto di girare un film autobiografico. Da quel momento in poi, la storia si snoda tra il presente narrativo e continui flashback: il massimo successo della sua carriera negli anni ’40, la prima volta che fa uso di eroina e il conseguente crollo fisico che lo porterà, dopo una regolazione dei conti con alcuni spacciatori e un problema alla mandibola, a non poter più suonare la tromba. Dopo un periodo di depressione iniziale e un conseguente calo di notorietà, con tanto di interruzione di riprese del film a lui dedicato, Chet tenta di rimettersi in carreggiata: si disintossica, intraprende una relazione stabile con l’attrice e sua ex collega Jane, fa pratica per tornare a suonare come un tempo. Ma l’orrore è dietro l’angolo: dopo questo periodo di apparente calma e stabilità, prima di un importante concerto che potrebbe rimetterlo in carreggiata, l’artista cede alla tentazione e, dopo anni, assume nuovamente eroina. La sua vita procede tra musica e droga fino alla sua morte, avvenuta nel 1988.
“Born To Be Blue” è un film dalla tematica forte e senza dubbio impietoso, che mira a mostrare il musicista americano in tutte le sue sfaccettature di genialità e debolezza per non far dimenticare al pubblico come anche lui sia stato, prima che artista, un essere umano.
Giada Silenzii
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