Chi meglio di Roberto Saviano poteva trattare tematiche quali la narrazione e il racconto del reale? Un’occasione che gli studenti dell’Università di Bologna non potevano certo lasciarsi sfuggire. Infatti, la mattina del 6 dicembre centinaia di giovani ragazzi erano in attesa di ascoltare dal vivo cosa avrebbe loro raccontato lo scrittore di “Gomorra”. Dopo la breve presentazione tenuta dal rettore Ubertini, Saviano per tutta la conferenza è riuscito a catturare l’attenzione di tutti i partecipanti: in modo semplice e diretto ha affrontato problematiche attuali servendosi talvolta del racconto di esperienze personali e citando qua e là poeti e letterati.

Per un’ora intera ha parlato di “informazione”: in un’era dell’informazione come questa ci arrivano ogni giorno tramite i media un grande numero di fatti di cronaca riguardanti quello che succede nel mondo; a noi basta semplicemente accendere la TV o navigare su internet con il nostro smartphone. Ed è in questa maniera che le persone pensano di essere informate quanto basta. Ma in realtà è proprio questo l’errore nel quale cadiamo: ogni giorno accadono troppi eventi e non viene riservato loro mai abbastanza spazio per essere affrontati in maniera sufficientemente approfondita. In generale la durata di un fatto di cronaca è circa due giorni, dopodiché verrà subissato da altri fatti di cronaca, i quali a loro volta cadranno in un destino comune: in un istante ci arrivano tante informazioni e di esse cogliamo solo la superficie. Questa è la caratteristica principale della comunicazione di oggi: è veloce e noi la accettiamo come se fosse un “pacchetto chiuso”. Una situazione delicata che comporta dei rischi: come quello di formare un’opinione superficiale e frammentaria, incapace di affrontare realmente i problemi. L’unica maniera di uscire da questa ondata continua che non accenna a fermarsi, bisogna trovarla nella nostra volontà di andare più in profondità nelle informazioni, “conoscere, farsi un’idea, convincere”, invece di rimanere immobilizzati.

Anche in politica c’è la stessa tendenza all’informazione veloce: “oggi la politica vuole vincere e non convincere”. È quello che Trump stesso è riuscito a dimostrare: ha parlato agli americani in modo diretto e senza troppi giri di parole. Strategia che gli ha permesso di vincere le elezioni proprio perché alle persone piaceva non il suo programma politico, bensì il suo modo di comunicare. Nonostante la sua sia stata una campagna elettorale “spietata” (anche nei confronti delle donne), Trump ha saputo trasmettere agli americani l’immagine di uomo onesto, che dice quello che pensa.

Quindi che fine ha fatto il “politicamente corretto” oggi? Perlomeno se ne può parlare ancora? Per rispondere Saviano ricorda Matteotti, il primo martire fascista: egli, volendo capire in che modo erano avvenute le votazioni che hanno visto vincere il Fascismo e dichiarando le sue intenzioni a tutto il parlamento, era riuscito a spaventare un intero partito. Un impegno che gli è poi costato la vita.

Un esempio storico che si ripete tutt’ora nel mondo, come il caso di Malala, la ragazza insignita del Premio Nobel per la pace nel 2014. Dall’età di 11 anni lei scrive un blog nel quale documenta le ingiustizie che donne e giovani pakistane come lei devono subire da parte dei talebani. Non pochi, infatti, sono stati i tentativi di spaventare o intimidire Malala. Il punto è che i talebani non avevano paura di una giovane adolescente, ma dei suoi lettori. Perché una volta che una persona legge, questo le comporta una scelta che non la farà più tornare indietro. Quello che riesce a spaventare forze militari o potenze mondiali non è tanto lo scritto in sé, ma la reazione che può avere la gente.

Su qualunque tema si può andare a fondo, c’è solo bisogno di tempo: bisogna soltanto uscire da questo flusso infinito e vertiginoso delle notifiche e delle news e fermarsi a riflettere. È la riflessione che fa ribaltare la situazione. La stessa cosa succede quando leggi un libro: gli dedichi tempo, ti estranei dal mondo, ma soprattutto approfondisci e quindi rifletti. E la riflessione è uno strumento molto potente in mano alle persone: le educhi a non voler cadere nel banale, ma al contrario di voler conoscere. E quale miglior modo di far riflettere la gente se non quello di farle leggere: perché tutto ciò che è stato scritto, “l’uomo queste cose le può raccontare, le può condividere con i suoi simili”.

Ma purtroppo, come ogni cosa, la conoscenza ha un prezzo: infatti questo ideale è costato molto spesso la vita a numerosi personaggi che in passato volevano portare a galla diverse realtà. E come non ricordare Falcone: isolato dall’opinione pubblica, in un’Italia che non credeva a quello che diceva, arrivando perfino ad accusarlo di aver messo lui stesso una bomba inesplosa sotto casa. “Per essere credibili bisogna essere ammazzati in questo Paese”: parole famose che pronunciò lui stesso durante un’intervista. Ma nonostante l’ostilità nei suoi confronti, ha lottato fino alla morte per far emergere la verità.

La conoscenza porta a fare scelte che comportano grandi sacrifici e responsabilità, ma che riescono a far la differenza. “Nessuna paura che mi calpestino. Calpestata, l’erba diventa un sentiero” termina la conferenza Saviano citando la poeta bulgara Blaga Dimitrova tra gli applausi di tutti i partecipanti.

Una vera e propria lezione, durante la quale Saviano ha più volte detto a noi studenti: “Dovete essere complessi, ragazzi. Non cadere nel banale!”. Un consiglio che lo scrittore riserva a giovani ed adulti. Un consiglio che sicuramente è riuscito a passare come un nostro dovere personale, per noi stessi, ma soprattutto in nome di uomini coraggiosi come lui.

Giulia Agnoletti

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