Lunedì 3 febbraio l’odio cesenate è emerso ancora, questa volta a Rimini, durante una partita di pallacanestro femminile Under 17 tra Happy Basket Rimini e Nuova Virtus Cesena.

Un episodio gravissimo ha scosso il match: dagli spalti una madre di una giocatrice cesenate ha rivolto a un’atleta riminese un insulto di stampo razzista, gridandole “Sei una scimmia”. Un’offesa inaccettabile, che ha suscitato indignazione e condanna unanime nel mondo dello sport e della politica locale.

Il tentativo di giustificazione

Mentre la giovane giocatrice colpita dall’insulto ha dovuto subire l’umiliazione in campo, la madre responsabile del gesto ha cercato di giustificarsi con frasi come: “Non era detto per il senso del razzismo” e “Mi è uscito, non l’ho fatto apposta”

Ma davvero possiamo credere a queste giustificazioni? Dire che “non era in senso razzista” è un’assurdità. Eppure, è proprio nella seconda frase che si cela una verità più profonda: “Mi è uscito”. Il razzismo è talmente radicato in molti cesenati che può emergere in modo incontrollato, rivelando una mentalità interiorizzata e mai messa in discussione.

Cesena: una città due anime

Questo episodio non è isolato. Cesena è una città che si presenta progressista, con una lunga tradizione di voto a sinistra e una forte rete associativa impegnata nel sociale. Tuttavia, dietro questa facciata esiste un’anima fatta di pregiudizi e intolleranza.

Non si può ignorare come, negli ultimi anni, la città sia stata teatro di episodi inquietanti: dalla creazione di un circolo di CasaPound in pieno centro storico, all’affissione di manifesti funebri per protestare contro la prima unione civile celebrata in città. Eventi che dimostrano come una parte della popolazione mantenga un atteggiamento ostile nei confronti della diversità.

Sensibilizzare per un cambiamento reale

La condanna politica e sociale di episodi come quello avvenuto a Rimini è fondamentale, ma non basta. Cesena, come molte altre città italiane, ha bisogno di un cambiamento culturale profondo. È necessario lavorare sulla sensibilizzazione, sull’educazione e sulla lotta contro i pregiudizi radicati.

Le istituzioni, le scuole, le associazioni e i singoli cittadini devono impegnarsi per costruire una comunità realmente inclusiva, dove episodi di razzismo non vengano più tollerati né giustificati. Il vero progresso non si misura solo nei programmi politici o nelle dichiarazioni pubbliche, ma nella mentalità delle persone e nella loro capacità di accogliere il diverso senza preconcetti.

L’episodio di Rimini deve servire da monito: non basta indignarsi, bisogna agire. Perché solo così Cesena potrà davvero definirsi una città aperta e accogliente, senza più ombre di intolleranza a macchiare la sua immagine.

Alex Casalboni

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