C’è un’atmosfera particolare, all’interno di un teatro che annuncia la stagione. Paragonabile a un’azienda che…
“I’m a person who can take on the guises of people I meet. I’m a collector, and I collect personalities and ideas.”
Ziggy Stardust. The Thin White Duke. Halloween Jack. Ecco alcune delle maschere indossate da David Bowie nel corso della sua lunga carriera, alle quali aggiungerei quella dell’alieno caduto sulla Terra, Newton, in occasione dei due eventi speciali che avranno luogo a Cesena nel corso di questa settimana: la prima nazionale dello spettacolo teatrale Lazarus al Teatro Bonci e la proiezione del film L’uomo che cadde sulla Terra al Cinema Eliseo.
La scorsa settimana la celebrazione di Bowie è stata aperta dal film musicale Moonage Daydream, sempre all’Eliseo, che ha dato il via alla rassegna Across the movies. Insomma, in queste settimane Cesena è stata pervasa dalla ‘’Bowie-mania’’, e noi di Uniradio siamo felici di dare il nostro piccolo contributo attraverso quello che potremmo definire un breve collage di ciò che abbiamo imparato sul Duca Bianco nel corso del mese. E iniziamo, in un certo senso, dalla fine: Lazarus, la rock opera di Bowie scritta con Enda Walsh, il ‘’regalo d’addio di Bowie al mondo’’, portata in Italia da Valter Malosti e interpretata da Manuel Agnelli. La prima di Lazarus, il 7 dicembre 2015, è stata anche l’ultima apparizione pubblica di Bowie, morto un mese dopo. L’opera è il suo testamento artistico, una sorta di allegoria autobiografica in cui utilizza il personaggio di Newton per mettere in scena temi come l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore, la psicosi… Ne trae persino una metafora della sua stessa morte e del conseguente abbandono della figlia, rappresentata dalla ragazza che nell’opera verrà abbandonata dall’alieno.
Durante la conferenza stampa di presentazione della versione italiana, il regista ci parla di Bowie e del proprio rapporto con lui, soffermandosi sulla sua tendenza a cambiare continuamente personaggio nel corso della vita, la sua impossibilità ad essere etichettato, il suo definirsi fluido, bisessuale, omosessuale, per poi smentire tutto il giorno dopo e riaffermarlo quello dopo ancora. Bowie stesso si definì un collezionista di personalità, sia nel senso di identità sia a livello artistico. Malosti lo chiama infatti ‘’talent scout’’, un artista che più che creare, rimodellava, scovava idee e le assorbiva, trasformandole e potenziandole.
Lo stesso spettacolo Lazarus, inizialmente, aveva una trama ben diversa: l’opera avrebbe dovuto raccontare la storia di Emma Lazarus (da qui il titolo) e del ritrovamento di un mucchio di canzoni inedite di Bob Dylan, che nell’opera sarebbe stato deceduto. Nulla di più lontano dal risultato finale, insomma. Il processo creativo dietro Lazarus rispecchia in un certo senso la perenne trasformazione artistica di Bowie, che nonostante sia universalmente riconosciuto come cantante si dedicò a ben più di una sola arte, e questo ce lo racconta prima Malosti, parlando dell’esperienza come attore sia teatrale che cinematografico e televisivo (non dimentichiamo il suo ruolo in Twin Peaks), poi Agnelli (soffermandosi sul rapporto di Bowie con la poesia, componente fondamentale nei suoi testi e ciò che li rende così difficilmente comprensibili) e infine il docufilm proiettato all’Eliseo, Moonage Daydream (un montaggio mastodontico di interviste, concerti e clip con protagonista, ovviamente, David Bowie), il quale ci mostra le sperimentazioni con la pittura.
Bowie era anche molto legato alla filosofia, in particolare quella Buddhista. Sebbene non si identificasse come una persona religiosa, infatti, Bowie aveva un culto personale: quello della vita, come afferma lui stesso. Venerava la vita, e ha vissuto la sua cercando di assaporarla in ogni sua sfaccettatura. Il suo obiettivo era di vivere ‘’la più grande avventura di tutte’’. Personalmente, spero con tutto il cuore che nei suoi ultimi istanti abbia ripensato alla sua esistenza terrena e si sia ritenuto soddisfatto. David Bowie ha donato all’umanità più di quanto si potrebbe ritenere possibile da parte di un singolo individuo. È stato, è e sarà sempre un pezzo indimenticabile della storia umana. In un certo senso, come un tempo affermò lui stesso, è divenuto quello che per l’uomo è un dio:
”We are the original false prophets. We are the gods. We are the new gods who are going to hell. And we set ourselves up as gods. We want everything. We want to be flattered, we want people to read the texts and everything else, just to be part of the game. I feel the same emptiness that they feel when they come to see me. Because they know it’s not real, that it has nothing to do with them.”
Luca Aufiero
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