Storie brevi
1. Il giorno in cui tutta Cesena si riversò in casa mia per ballare e cantare David Bowie
2. Il distributore di “sto bene”

Chi mi conosce sa bene che non è per niente raro che da un giorno all’altro nasca in me una fissazione quasi patologica per uno specifico cantante, attore, regista, film o libro. Quante volte sono finito a parlare per ore e ore di Valerio Lundini o del film La La Land con dei perfetti sconosciuti…

Solitamente queste ossessioni durano per un periodo limitato e poi si attenuano, risultando sicuramente fastidiose ma innocue. Così non fu per quanto riguarda il magnifico David Bowie. Arrivati a marzo 2023 il mio amore per il cantante era già sedimentato, ma una mattina particolarmente folle feci il drammatico errore di mangiare due kiwi, che notoriamente aumentano il buonumore e l’energia. Nonostante il mio piano fosse quello di studiare tutta la mattina, fra una riga e l’altra del libro mi ritrovavo a confondere le parole con quelle del testo di Moonage Daydream. Decisi dunque di arrendermi al mio corpo, abbandonare lo studio e dedicarmi all’ascolto della mia intera playlist dedicata al Duca Bianco.

Dopo un primo ascolto completo, il mio cervello non era soddisfatto, reduce dei kiwi sopracitati. Presi la fatidica decisione di far ripartire la playlist, stavolta ballando sfrenatamente nel salone vuoto di casa mia. Terminata per la seconda volta, non ero ancora appagato. Ricominciai una terza volta, adesso con l’aggiunta delle cuffie per una maggiore immersione. Ignaro del rumore causato dai miei violenti passi di danza sul pavimento non particolarmente solido e dagli occasionali incontri della mia schiena con i mobili della stanza, continuai imperterrito a ballare e cantare a squarciagola, allenandomi per una possibile esibizione futura al karaoke. Ahimè, le cuffie mi impedirono di sentire il campanello suonare una, due, tre volte, seguito da possenti colpi d’allarme al portone. A farmi accorgere del pericolo imminente fu il fato, che forse per venirmi incontro permeò il mio corpo di un’energia tale da far volare fuori dalla finestra una delle cuffiette, riconnettendomi al mondo a me circostante e permettendomi di sentire le urla provenienti dal corridoio del condominio.

Immediatamente si scatenò in me la consapevolezza di ciò che avevo causato, ma al contempo il mio corpo era ormai in preda a una frenesia irresistibile. Mi precipitai alla porta continuando a ballare, prendendomi persino il tempo di scollegare il telefono dalle cuffiette in modo da poter continuare ad ascoltare la musica mentre mi preparavo al linciaggio. Aperto il portone, mi ritrovai dinanzi a una folla composta dall’intera popolazione del palazzo: bimbi curiosi, adulti furiosi e vecchietti confusi scatenarono un fiume, anzi, un oceano di parole incomprensibili nella mia direzione. Il cambiamento nelle loro espressioni facciali al notare che intanto stavo continuando a ballare fu per me motivo di grande vergogna e imbarazzo. Incapace di trattenermi, presi per mano il condomino più vicino a me, che era anche il più rabbioso, e lo trascinai al centro del salone coinvolgendolo in una danza sfrenata a ritmo di Modern Love. L’uomo inizialmente si ribellò, ma qualcosa nel ritmo della musica, nei miei movimenti o nel mio sguardo lo soverchiò, inducendolo a muovere il bacino a tempo di musica nel mentre continuava a imprecare contro di me. Intanto, la folla varcò la soglia di casa per osservare meglio la situazione. Ciò mi permise di catturare un secondo assediante, una donna di mezza età, che molto timidamente si fermò al centro della stanza, muovendo le gambe e le braccia in maniera quasi impercettibile. Al che, i bambini più piccoli, nella loro innocente euforia e incomprensione o incuranza della scena surreale a cui stavano assistendo, si fiondarono in quella che stava rapidamente diventando una sala da ballo e cominciarono a urlare e scatenarsi.

I genitori dei pargoli, preoccupati per la loro incolumità fisica e mentale, li seguirono tentando di fermarli, finendo in un inseguimento ritmico che confluì in una specie di coreografia di danza moderna. Credo che l’insieme dei movimenti che si manifestò agli occhi del resto della folla assunse una funzione quasi ipnotica, che risultò in una specie di rapimento collettivo. Altrimenti ancora oggi non riesco a spiegarmi come fu possibile che ognuno di loro finì per unirsi alle danze, dimenticando il motivo per cui avevano bussato alla mia porta. Da quel momento, il mio appartamento si trasformò in un rave party, anzi, in un rituale tribale mistico e inconcepibile.

Man mano che una canzone si sostituiva alla precedente, i danzatori divenivano più sciolti, più allegri, più trasportati. Quando la playlist terminava, ricominciava in automatico dall’inizio. Mi trovo in difficoltà nel cercare di trasmettere quanto magica fu quell’esperienza, considerando che continuò fino alla sera. Ma neanche a quel punto terminò: i vicini, comprensibilmente, avevano chiamato la polizia, stanchi di essere disturbati dalla festa. Non credo di aver bisogno di spiegare (anche perchè spiegazioni sensate non ne trovo) come i poliziotti che bussarono alla porta furono trascinati sulla pista da ballo, né di dire che a mano a mano che le ore passavano, sempre più vicini e passanti curiosi si univano alle danze. A quel punto la follia non era più delimitata dalle mie mura domestiche, ma si era diffusa in tutto il palazzo, sulle scale, nel giardino e nella via sottostante. Entro mezzanotte tutta Cesena era ammassata nelle strade di casa mia, con decine e decine di cellulari e casse che riproducevano soltanto la musica di Bowie.

Oggi, a distanza di settimane, io mi trovo ancora lì, nel mio appartamento, impossibilitato a fermarmi, circondato da centinaia, migliaia di sconosciuti, e continuo a ballare. Quella che vedete di fronte a voi è solo la manifestazione spiritica di una mente che ormai ha trasceso il suo involucro terreno, ed è libera di vagare per il cosmo, diffondendo la novella di David Bowie e del giorno in cui tutta Cesena si radunò a casa mia per ballare.

Luca Aufiero

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