SPECCHIO DELLE MIE BRAME
1. SPECCHIO DELLE MIE BRAME – Dialogo a puntate con Maura Gancitano
2. SPECCHIO DELLE MIE BRAME – Dialogo a puntate con Maura Gancitano
3. SPECCHIO DELLE MIE BRAME – Dialogo a puntate con Maura Gancitano

“E vissero tutti” è la rassegna organizzata dalla compagnia teatrale Alchemico Tre in Biblioteca Malatestiana dal 20 al 23 ottobre, un’occasione unica per rivivere miti, favole e romanzi con uno sguardo aperto e attuale. Ci si potrebbe infatti domandare: come può un racconto del passato, come una fiaba, parlare del nostro presente?

Maura Gancitano, scrittrice, filosofa e fondatrice della casa editrice Tlon, ha reinterpretato la storia di “Biancaneve” dei fratelli Grimm rendendola uno strumento di comprensione dei costrutti mentali e comportamentali della nostra società. In particolare, nel saggio “Specchio delle mie brame”, presentato il 20 ottobre in dialogo con Michele Di Giacomo, affronta il tema della bellezza come prigione, gabbia che condiziona i pensieri e i comportamenti di tuttз noi.

Vi proponiamo le risposte alle domande che le abbiamo posto, diluite in più puntate in modo da prenderci il tempo per riflettere insieme. Ecco il terzo episodio di questa rubrica.

Puntata 3: Cambiamento di prospettive

In questo sistema che si basa sull’insoddisfazione di se stessx e si nutre della competizione, quanto è lecito strumentalizzare la propria bellezza (intesa come canonizzata) come strumento di potere? C’è un confine per azioni di questo tipo?

M. Gancitano: “Io credo che questa sia una domanda molto potente, che in questo caso è la persona a dover farsi.

Io parlo spesso di Emily Ratjkovsly e di quello che scrive nel suo memoir, perché secondo me è molto interessante quello che dice di sé stessa. Ma se io volessi dare una risposta a questa domanda al posto suo, la starei in ogni caso giudicando.

Infatti, lei non riesce a rispondere fino in fondo a quella domanda perché lei dice “ho usato il mio corpo per avere potere cercando di smantellare il sistema capitalistico a mio vantaggio, ma non so fino in fondo se l’ho fatto o se in realtà sono comunque stata una pedina”.

Secondo me questa riflessione che lei fa è molto importante. Ciascuno di noi, ogni persona, dovrebbe cercare di rispondere a suo modo. Trovare un limite, secondo me in una società soprattutto così complessa, è difficile.

A me piace molto, per esempio, quello che fanno le FEMEN e tutto quello che la loro leader Inna Shevchenko dice sulla “Filosofia di fondo”, è estremamente interessante secondo me. In quel caso lei descrive come usano il corpo, come usano tra l’altro, molto spesso un corpo perfettamente conforme per creare degli atti sovversivi.

D’altra parte, ci sono esempio le Pussy Riot, che cercano di fare la stessa cosa coprendo tutti i connotati femminili che possono portare alla sessualizzazione; quindi, scelgono un’altra strada per andare nella stessa direzione.

Questi sono delle esperienze e degli esperimenti molto interessanti, che purtroppo però  in una società come quella in cui viviamo vengono ridicolizzati o confusi, come avviene alle stesse FEMEN o Pussy Riot.

Ma il punto chiave è che cercare di domandarsi come le proprie azioni e il proprio corpo possono essere usati a scopi politici anche in linea con le proprie caratteristiche, senza forzarsi ma cercando sentire poi qual è la propria strada.

Questo lo dico, anche perché per esempio nel mio caso io mi sentirei molto forzata a fare delle azioni di uso pubblico del mio corpo, in altri casi sono invece ci sono tante altre soggettività per cui questa cosa ha a che fare anche con loro. Quindi secondo me non può essere dato un giudizio dall’esterno: ci sono tante esperienze e bisogna riconoscerne la molteplicità.”

Cosa è cambiato rispetto a quando lei era da giovane a livello di rappresentazione? Cosa consiglierebbe a unx giovane che si trova a prendere consapevolezza del proprio corpo in questo momento storico?

M. Gancitano: “Il livello di rappresentazione è cambiato moltissimo, di tutte queste cose quando ero adolescente non se ne parlava affatto.

I termini che oggi sono discriminatori e offensivi, riguardanti l’identità di genere, l’orientamento sessuale ma anche la corporeità quindi disabilità e grasso, erano termini usati come insulto e nessuno li metteva in dubbio, o se li mettevi in dubbio eri una persona molto suscettibile che non stava al gioco e non era in grado di farsi una risata. Questo succedeva anche molto più di adesso, soprattutto perché non c’erano le fonti o i testi divulgativi che potessero aiutarti a cambiare idea.

A livello editoriale è accaduto qualcosa di incredibile: fino a 7-8 anni fa in libreria non si trovavano così tanti testi in merito e anche sui social si condividevano inizialmente solo le canzoni e non si affrontavano certo questi discorsi.

Anche il fastidio per questo cambiamento è indice del fatto che molti trentenni si siano resi conto di tutti i pregiudizi con cui sono stati educati, mentre altre persone, soprattutto le più anziane, provano fastidio nel dover mettere in dubbio quello che avevano sempre dato per scontato.

A una persona giovane consiglierei di coltivare le altre parti di sé, non ossessionarsi solo col proprio corpo qualunque sia la sua corporeità, ma di vedersi come un sistema complesso che cambia costantemente e che può avere desideri che mutano nel corso del tempo. Può avere voglia di qualcosa un giorno e qualcosa di totalmente diverso il giorno dopo e quindi non deve dire al mondo necessariamente chi è una volta per tutte, ma può trovarsi una zona grigia, o meglio arcobaleno, una zona molteplice in cui stare senza provare mai vergogna nel mostrare una soggettività che cambia.

Il mondo potrà essere infastidito di fronte al fatto che non sai dire chi sei o che cosa vuoi, ma in realtà il problema è di chi è stato educato nel pensare che le persone possano essere una cosa soltanto nel corso della loro vita, non di chi invece cerca di ascoltare se stessǝ.”

Elena Capatti

Grazie di essere stati con noi in questo percorso!

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