“E vissero tutti” è la rassegna organizzata dalla compagnia teatrale Alchemico Tre in Biblioteca Malatestiana…

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Rassegna Cinema e Psiche: The Quiet Girl
Il cinema Eliseo anche quest’anno ospita la rassegna di “Cinema e Psiche”, un’iniziativa a cura del Centro Adriatico di Psicoanalisi (CAP). Il tema centrale della rassegna di quest’anno è “la figlia”, tema che verrà affrontato ed esplorato in tutti e quattro i film, scelti accuratamente per affrontare il tema di quest’anno. In tutti e quattro gli incontri saranno presenti dei relatori, delle figure di spicco nell’ambito della psicologia e della psicoanalisi, che daranno la possibilità agli spettatori di confrontarsi con loro sulle tematiche del film, sfruttando le loro conoscenze decisamente molto dettagliate e analitiche nell’ambito psicologico.
Lunedì 9 ottobre si è tenuto il secondo incontro della rassegna, incontro in cui è stato scelto come film rappresentativo “The Quiet Girl” di Colm Bairéad. Il film, in breve, tratta di una bambina che, durante il corso dell’estate, viene mandata a vivere dai suoi zii. Qui la bambina vivrà un’estate emblematica e ricca di emozioni, in netto contrasto con la vita difficile che è abituata a condurre con la sua famiglia sovraffollata, disfunzionale e impoverita. La scelta di questo film nasce proprio per via di queste complesse dinamiche interne familiari, che esplorano il difficile rapporto tra una figlia e i suoi genitori; è un argomento che tocca tutti su un piano personale, ovviamente a livelli diversi, ma che comunque può offrire a tutti noi forti degli elementi di riflessione.
Abbiamo avuto l’occasione di porre qualche domanda inerente al film ai relatori presenti per la proiezione di questo film; in particolare, abbiamo ci hanno gentilmente concesso il loro tempo e le loro conoscenze: il dottor Massimo De Mari, psicoanalista e psichiatra, nonché relatore della rassegna della giornata, il dottor Michele Sanza, psichiatra e direttore del dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena e il dottor Alessio Avenanti, professore ordinario presso il dipartimento di psicologia dell’Università di Bologna.
Di seguito vi lasciamo l’intervista completa:
Per il dott. De Mari
“Secondo la sua opinione di psicoanalista, dal momento che spesso i genitori in queste condizioni, in particolare i genitori della bambina del film, possono essere visti, per via del loro comportamento, come dei mostri insensibili, in ambito psicologico sappiamo che la questione non è mai così semplice e non si può ridurre una personalità a semplice cattiveria senza scendere un po’ più nei dettagli senza scavare più in profondità e quindi proprio in base alle sue competenze, le chiedo come secondo lei è descrivibile lo stato mentale dei genitori e in che modo si potrebbe giustificare il loro comportamento?“
Dott. De Mari: “Il film, come il cinema in generale, tende un po’ a spettacolarizzare le situazioni, quindi è molto polarizzato tra chi si comporta male e chi si comporta bene con la bambina. La famiglia originaria è una famiglia che di norma definiremmo “disfunzionale”, nel senso che non ci sono delle patologie proprio franche, ma c’è una madre un po’ oberata dal fatto di dover tenere a bada e crescere quattro figli, più uno in arrivo, e non è supportata da un marito, che invece ha qualche problematica di personalità: è molto distaccato affettivamente, distratto da altre cose, trascura la famiglia e non ha un legame particolare con la moglie, perde al gioco cose importanti; è una situazione in questo senso difficile anche economicamente e la bambina è al centro di queste dinamiche. Sono situazioni abbastanza frequenti, non particolarmente patologiche che, però, creano un forte disagio soprattutto ai figli più piccoli e la bambina in questo senso è quella che è più al centro di queste dinamiche familiari così pesanti.”
“Immaginiamoci che questa bambina la incontrasse oggi ai giorni nostri nel nostro contesto; quindi, una bambina con questa storia e in queste condizioni come inquadrerebbe il suo caso dal punto di vista psicoanalitico?”
Dott. De Mari: “La bambina cinematografica è molto particolare, nel senso che è una bambina che ha sicuramente sofferto e che può aver vissuto traumaticamente certe situazioni, ma reagisce in questa maniera quasi da favola, senza manifestare apertamente; è una bambina tranquilla, molto serena, nonostante questi conflitti che le esplodono intorno, e soprattutto é silenziosa. Nel mio intervento parlerò molto dell’importanza del silenzio. È una specie di testimone di quello che succede e in qualche modo ha un effetto catartico, di evoluzione sia nella famiglia affidataria sia forse nella famiglia di origine. È una bambina che sicuramente ha sofferto e che ha qualche deficit cognitivo; l’unico segnale che dà è che ha dei problemi a scuola, ma per il resto nel film è apparentemente serena. Nella vita reale questi bambini sono molto sofferenti, molto di più.”
Per il dott. Sanza
“Dal momento che le due famiglie mostrate nella pellicola assumono ruoli diametralmente opposti e al di là delle differenze caratteriali, di scrittura dei personaggi, lei cosa crede che abbia portato questi individui che comunque appartengono alla stessa famiglia a reagire alla vita in modo così diverso, considerando anche le difficoltà che ognuna di queste due famiglie ha dovuto affrontare, che sono sì diverse ma che nel dolore si possono definire simili?”
Dott. Sanza: “Io partirei da questo assunto: le persone fanno quello che possono. Questo è un modo di vedere gli accadimenti della vita e le vicende personali e individuali delle famiglie alla luce di un principio di accettazione, che a mio avviso va sempre mantenuto con equilibrio anche nella vita reale. Colpevolizzare non serve, giudicare gli errori come frutto di una responsabilità o addirittura di una colpa non può che peggiorare la situazione. Credo che sia importante assumere questo punto di vista: le due famiglie hanno traiettorie diverse, stili diversi, comportamenti diversi che produrranno effetti diversi e questo va assolutamente tenuto in considerazione. Ciascuno di loro viene colto in quel momento del loro destino e del loro sviluppo di vita, in cui non avrebbe potuto fare altro rispetto a ciò che sta facendo e penso che questa considerazione ci aiuti anche a tollerare quella che apparentemente è una negligenza della famiglia trascurante.”
“Sempre inquadrando la società contemporanea, se le si presentasse una bambina con le stesse condizioni di quella del film, a quale tipo di intervento psicologico si potrebbe pensare per aiutarla?”
Dott. Sanza: “Sinceramente nessuno. La bambina è certamente sofferente, ha un atteggiamento intimistico, tende molto a vivere privatamente le sue emozioni e ad osservare quello che accade nel mondo degli adulti, però non ho notato una condizione di disfunzionalità o di grave sofferenza tale da rendere necessario un intervento. La bambina, alla fine, esprime un’affettività improvvisa nei confronti della famiglia, come si vede nella scena finale del film; questo significa che la bambina ha un’interiorità sana, un’ampia gamma di emozioni che può aiutarla a sorreggere la vita di tutti i giorni e ad augurarsi e sperare in un futuro migliore”
Per il dott. Avenanti:
“Dal momento che alla rassegna “Cinema e Psiche” partecipano molti studenti di psicologia, dal suo punto di vista si può immaginare che la visione di un film, in particolare di un film a tema psicologico, ma in realtà di qualsiasi tipo di arte cinematografica, possa essere considerata utile al fine della formazione degli studenti in ambito psicologico, quindi se può essere vista come un’integrazione agli studi, e in generale quanto pensa che l’arte possa impattare sulla disciplina di psicologia?”
Dott. Avenanti: “Rassegne come questa possono sicuramente offrire degli spunti complementari, degli stimoli critici per gli studenti in formazione. Chiaramente la rassegna non può sostituire un’educazione formale, tuttavia l’arte in generale, il cinema in particolar modo, permette una descrizione dell’esperienza umana molto accessibile; è un’arte immersiva, ci immergiamo in realtà descritte sapientemente da registi, sceneggiatori e interpretate da attori e in questo modo ci caliamo nella mente degli altri. Sono delle esperienze che sicuramente possono arricchire tutte le persone, non solo studenti di psicologia, ma in particolar modo per gli studenti può essere interessante perché, quando il cinema è ben fatto, può rappresentare delle esperienze emozionali e dei contesti nei quali queste esperienze avvengono e che possono offrire spunti di interesse. In particolar modo, credo sia interessante che questi aspetti vengano condivisi con gli spettatori e che possano essere discussi da dei professionisti stimati nel campo della salute mentale. Grazie a questa riflessione comune in cui ci sono molti spunti e rimandi, credo che si possano affrontare quelle che sono delle sfide che i futuri studenti si troveranno a compiere nella loro professione; nella loro vita affronteranno delle dimensioni dell’esperienza e il cinema, quando ci dà dei suggerimenti molto importanti, può offrire degli spunti per ragionare sulle dinamiche sottostanti e su come può esser esercitato un cambiamento. In merito all’ultima parte della domanda, su quanto l’arte può influire sulle discipline, a me viene da pensare, essendo questa una rassegna di psicoanalisi, a Dostoevskij e ai grandi letterati che prima ancora di Freud hanno avuto intuizioni fondamentali, che poi sono state colte e sistematizzate. L’arte e gli artisti hanno una sensibilità molto importante, in grado di comunicare queste esperienze agli altri. Sicuramente offrono uno spunto di partenza che poi le discipline psicologiche possono prendere, far proprie e incorporare. È sicuramente un’esperienza positiva”
Dopo aver intervistato i tre esperti presenti, abbiamo avuto modo di intervistare anche due spettatori della rassegna “Cinema e Psiche”, i quali hanno partecipato assiduamente alla maggior parte delle edizioni di questa rassegna. In particolare, abbiamo avuto modo di porre qualche domanda alla signora Lidia Agostini e al signor Ruggero Balduzzi.
Di seguito l’intervista:
“Crescere dei figli è indubbiamente difficile e non tutti riescono ad offrire ai propri figli la cura e l’affetto di cui hanno bisogno. In riferimento a ciò, che cosa ne pensate dell’affermazione “la famiglia non é un legame di sangue”? Basta un grado di parentela a stabilire chi devi necessariamente considerare “famiglia” o serve ben altro, per esempio un forte vincolo emotivo e affettivo, che però si può formare anche con persone con cui non abbiamo nessun legame di sangue?”
Lidia Agostini: “Penso che il concetto di famiglia richieda principalmente un legame di natura affettiva e questo legame si può costituire anche con persone che non necessariamente hanno un vincolo di sangue. Questo lo possiamo vedere in tanti aspetti, ad esempio in situazioni in cui magari non ci sono dei vincoli di sangue, ma si costituiscono comunque dei legami molto stretti e forti, ad esempio possiamo pensare alle adozioni oppure possiamo pensare alle situazioni in cui ci possono essere dei caregiver che hanno una funzione genitoriale. Anche tantissimi teorici della psicoanalisi, anche lo stesso Freud, sottolineano che quello che è davvero importante è il legame che si viene a costituire, è questa carica affettiva. Come poi mostra anche il film, vediamo che ci sono legami familiari che possono non essere affettivamente stabili o comunque affettivamente carici di positività; è possibile però, grazie all’intervento o di altri caregiver o di famiglie che possono essere affidatarie o adottive, riuscire a ricostituire quello che invece la famiglia di sangue non è riuscita a dare. Questo succede soprattutto nelle situazioni drammatiche, quando ci sono anche situazioni dolorose o traumatiche, è possibile trovare un altro modo per riuscire a riparare quello che la famiglia d’origine può non essere riuscita a dare. Quindi sì, penso proprio che la famiglia a volte possa essere al di là di quello che è il legame di sangue”
“Ci spiegherebbe la sua esperienza come spettatore a questa e alle rassegne scorse? Qual è il valore di questo progetto secondo lei?”
Ruggero Balduzzi: “Come spettatore io ho partecipato a quasi tutte le edizioni di questa rassegna. Trovo molto interessante il confronto che c’è fra lo psichiatra e l’analista perché sono due punti di vista, non dico diametralmente opposti ma uno proviene dall’organico, l’altro dall’etereo; A volte, anche se non sempre, c’è lo scontro tra la parte corporea e la parte spirituale ed è divertente ascoltare questi punti di vista che a volte si incontrano e a volte divergono completamente. Raccomando questa rassegna sia ai giovani sia alle persone più mature con più esperienza, perché dà la possibilità di vedere film che magari hai già visto, ma con questo valore aggiunto che ti permette di entrare in profondità in alcuni aspetti che magari ad una prima visione potrebbero sfuggire.”
“Una specie di critica aggiuntiva, quindi vedere il film non solo come spettatore passivo, ma anche come spettatore attivo”
Ruggero Balduzzi: “Direi proprio di sì, lo si può anche sentire dalla tipologia delle domande che vengono fatte. Sono tantissimi i ragazzi che, frequentando corsi inerenti alla psicologia e alla psicoanalisi, fanno domande molto pertinenti e interessanti. Quindi si smuove qualcosa che una mera visione non smuoverebbe, poi portiamo finalmente le persone fuori di casa per venire qui a vedere un film sul grande schermo ed è una cosa meravigliosa.”
“A tal proposito, voi che avete partecipato a tante rassegne, anche negli anni scorsi, quale sembra essere stata la rassegna che ha attirato maggiormente il pubblico e che età media del pubblico c’era? Più giovani o più le persone di mezza età?”
Lidia Agostini: “Negli anni progressivamente si è vista una fortissima partecipazione di giovani, soprattutto studenti. Ricordo in particolare la rassegna dell’anno scorso sul tema del “padre”, è stata una rassegna particolarmente vissuta dagli studenti, da persone giovani; l’altra parte di presenze era di persone di mezza età. “
La rassegna “Cinema e Psiche” è una bellissima iniziativa, che vi permette di guardare con spirito critico film che portano con sé tanti spunti di riflessione e che meritano di essere analizzati in modo un po’ più approfondito. Una semplice visione, senza nessuna riflessione critica, rischierebbe di disperdere tutto ciò che il film ci può offrire veramente. Un elemento che rende ancora più speciale questa rassegna è che vi sarà concessa l’opportunità, a fine proiezione, di avere un confronto diretto con degli esperti del settore, con cui potrete scambiare opinioni, dubbi e riflessioni. Vi consigliamo, se ne avete l’occasione, di non perdere questa occasione e di partecipare ai prossimi incontri!
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