In un periodo storico in cui sembra che il Cinema abbia perso il suo mordente…
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Rassegna Cinema & Psiche: Mia
Lunedi 23 si è tenuta la quarta, nonché purtroppo l’ultima, serata della rassegna “Cinema e Psiche” al cinema Eliseo. Vi ricordiamo che questa rassegna è stata organizzata dal Centro Adriatico di Psicoanalisi (PSI) e che ad ogni incontro tenuto erano presenti esperti nel campo della psicologia che, alla fine del film, offrivano le loro conoscenze per discutere delle varie tematiche del film, rispondendo anche a tutte le domande degli spettatori, aiutandoli ad approfondire meglio aspetti chiave delle pellicole, che ad una visione superficiale resterebbero inosservate.
Il film scelto per l’ultima serata è “Mia”, film diretto da Ivano De Matteo. Vi ricordiamo che il tema di quest’anno della rassegna è quello della figlia. Questa pellicola, riassumendo in breve, parla di una ragazza di quindici anni, Mia, che si ritrova bloccata in una relazione tossica con un ragazzo più grande, Marco. Il film percorre il processo e tutte le conseguenze derivate da questo rapporto malsano e di come questa relazione porta la ragazza ad un isolamento in se stessa sempre più opprimente e del conseguente allontanamento dalle persone a lei più care. In particolare, viene descritta la difficoltà dei genitori, soprattutto del padre, nel cercare di aiutare la ragazza ad uscire da questa situazione, che la porta anche a subire revenge porn, stalking e manipolazione.
Film importantissimo per le tematiche trattate ed esplorate, soprattutto in un periodo e in una società in cui problematiche come quelle dello stalking, del revenge porn, della manipolazione e delle relazioni tossiche sono molto frequenti e sentite. È interessante soprattutto l’analisi che viene fatta dei rapporti tra Mia e tutti i suoi cari, in particolare i genitori, e di come cambiano a causa della relazione malsana in cui si ritrova, perché offre molti spunti su come si può dare il proprio contributo in quanto persone esterne alla problematica.
Di seguito l’intervista completa:
Per il dott. Giorgio Bambini
“Come si potrebbe analizzare ed inquadrare il personaggio di Marco da un punto di vista psicoanalitico e psicologico? Che spiegazione ci potrebbe essere dietro una cosa forte volontà di annullare l’identità di un’altra persona e averne il controllo totale?”
Dott. Giorgio Bambini: “Innanzitutto, Marco è il ragazzo con cui la protagonista, Mia, intreccia questa relazione che giustamente è stata definita tossica. Direi che, come poi avremo modo di vedere e di discutere nel corso del film, Marco rappresenta una sorta di ideale narcisistico per Mia perché rappresenta il ragazzo popolare, quello da cui è importante sentirsi scelta, nell’idea e illusione che Marco sia una persona in grado di fornire anche a Mia quella riserva narcisistica importante per la crescita. In realtà, Marco sotto questa scorza del forte, del determinato e sicuro di sé, direi che è una personalità estremamente fragile; lo si vede nella sua incapacità di tollerare il confronto con i pari, quando di fatto impedisce a Mia di frequentare gli amici perché è un confronto quello con i ragazzi, amici di Mia, che lui non può tollerare. Oppure nel film c’è una scena molto importante, in quanto rappresenta l’inizio di questa dinamica tossica, ovvero quando Marco aggredisce l’allenatore di pallavolo di Mia perché non può tollerare che lei abbia relazioni valide con altre persone, perché questo lo fa sentire escluso; quindi è una persona talmente fragile che cerca e trova nella violenza e nella sopraffazione l’unico modo per affermare se stesso.
“Ciò che subisce Mia alla fine si può considerare vera e propria manipolazione, un’arma mentale ed emotiva a cui è difficile far fronte. Che consigli e che tipo di auto si potrebbero dare ad una persona nella stessa situazione di Mia, che si ritrova ad essere sempre più isolata?”
Dott. Giorgio Bambini: “Dare consigli è sempre difficile. È una situazione a cui si assiste con una certa frequenza oggi, direi che anzi la forza di questo film sta proprio nella capacità di rappresentare in maniera così cruda un’esperienza che è abbastanza frequente nella quotidianità. Quello che mi sembra importante è che in questo fisiologico bisogno di riconoscimento e di identità Mia si trova all’improvviso drammaticamente sola, non riuscendo ad accettare e ad accogliere gli aiuti che possono venire dagli amici, dalla famiglia. Poi in questo senso, il film possiamo immaginarlo diviso in due parti, perché poi in realtà Mia all’inizio una forma di riemersione da questa cosa la trova, nel momento in cui dopo l’episodio principale della relazione sessuale con Marco riesce ad uscire dal trauma vissuto sia attraverso il rapporto con i genitori sia attraverso il recupero del rapporto con gli amici. Poi c’è l’aspetto più drammatico del revenge porn che fa precipitare la situazione, però possiamo dire che gli strumenti erano quelli che il film mostra, cioè riuscire a ricucire le relazioni con i pari e con gli adulti che consente la rielaborazione anche di questi aspetti così drammatici e dolorosi. Quindi il consiglio è questo: poter contare su un contesto relazionale e sociale che accompagna in questo percorso di difficile soggettivazione.”
Per la dott.ssa Marusca Stella
“Mettendoci ora nei panni dei genitori della ragazza, cosa si potrebbe fare concretamente per aiutarla in una situazione così delicata, in cui la figlia sembra essere sempre più distante e chiusa in se stessa?”
Dott.ssa Marusca Stella: “Anche su questi aspetti il film mostra diverse parti: alcune parti in cui c’è un rapporto molto vicino, in particolare con la madre e un rapporto anche con il padre a tratti conflittuale, ma comunque molto ricercato con il bisogno ancora infantile di Mia di ritrovare comunque la vicinanza dei genitori. Poi ad un certo punto, quando è annientata dalla relazione tossica, non riesce a parlare con i genitori e non riesce quindi a sentire se stessa, a ritrovare delle parti di lei, perché sono completamente dipendenti da questa relazione e da quello che lei cerca di mantenere come oggetto con il ragazzo. In questo caso forse i genitori in questo momento di chiusura e di drammatica dipendenza possono, ovviamente senza dare consigli da parte mia, sostenere moltissimo il dialogo, intercettare assolutamente il disagio, intercettare la sofferenza e non sottovalutare, perché siamo sempre più esposti attualmente a contesti che velocemente mostrano delle drammaticità, anche proprio a seguito della fragilità adolescenza, quindi non sottovalutare la sofferenza e il disagio.
La comunicazione e il dialogo e anche il rivolgersi, ad esempio Mia mostra in molti momenti sofferenza, chiusura e anche secondo me una lieve tristezza e depressività: abbandona gli studi, la pallavolo; sono segnali precoci e importanti. Si può anche chiedere aiuto come genitori nel caso in cui non si riesca più a costruire la relazione con la ragazza e sostenere assolutamente un dialogo sulla problematica, parlandone.”
“Mia subisce manipolazione, revenge porn e stalking, viene aggredita mentalmente e spinta in un isolamento sempre più distruttivo. Uscendo dal contesto del film, una situazione come quella di Mia purtroppo la si vede capitare fin troppo spesso. Cosa si potrebbe fare, a livello educativo e informativo, per fornire soprattutto ai più giovani uno strumento di difesa o anche solo maggior consapevolezza per affrontare questo genere di situazioni?”
Dott.ssa Marusca Stella: “È importante sviluppare progetti di prevenzione e sensibilizzazione, ad esempio nell’ambito delle scuole, le scuole secondarie di secondo grado in particolare, dove si può assolutamente presentare l’affettività, dialogare su questi aspetti e a mio avviso anche nominare questi fenomeni sociali di aggressioni, di violazione anche dell’identità di genere, perché nel film c’è anche un attacco al corpo di Mia, un attacco alla sua femminilità, quindi dialogare su questi temi, come su altri che possono intrecciare l’adolescenza: le dipendenze da sostanze, le dipendenze affettive, le fragilità identitarie; un favorire la sensibilizzazione per i giovani, ma io direi anche dialoghi, confronti per i genitori, anche dove proprio ci si pone in ascolto di quello che il genitore vede e che può difficilmente gestire comprensibilmente, anche “Cinema e Psiche” è un tentativo di dialogare su questi temi con un approfondimento assolutamente riflessivo e di ascolto per chi partecipa alla visione di tematiche di questo tipo.”
“Quindi alla fine si può dire che l’apertura verso un dialogo e la comunicazione diretta siano gli antidoti più efficaci?”
Dott.ssa Marusca Stella: “Assolutamente sì, nominando le questioni, penso che sia necessario nominare quanto è difficile gestire il corpo per un adolescente, quanto è difficile intrecciare il virtuale, che non è negativo a prescindere, ma può avere accezioni negative, conoscere il fenomeno del revenge porn e delle altre aggressioni sui social, che comunque se sono nominate possono essere gestite.”
Per il signor Paolo Ugolini
“Come società, che accorgimenti e metodi potremmo adottare per contenere queste problematiche legate a relazioni tossiche, relazioni fra due individui con età e magari anche livelli di maturità diversi? E legato a ciò, anche il problema, per le persone all’interno di questi circoli malsani, dell’incomunicabilità di tali dinamiche che portano, come succede alla protagonista del film, ad isolarsi e a perdere la priorità identità in un certo senso. Cosa potremmo fare come società per migliorare questi fattori e dare supporto e strumenti di difesa soprattutto ai giovani, che si trovano particolarmente esposti a queste dinamiche?”
Paolo Ugolini: “Siamo dentro ad una fase di crisi della società complessivamente, quella che viene chiamata una società liquida già da 15 anni a questa parte, per cui sono messi in crisi quelli che sono i ruoli sociali delle persone sia a livello di aspetti formali sia di aspetti informali. Ognuno di noi deve ridefinirsi e ricollocarsi rispetto a quella che è una società sempre più difficilmente inquadrabile dentro le organizzazioni dove magari in passato ci si poteva muovere in un certo modo. Quello che si può fare è agire su quelle che sono le agenzie di supporto al mondo infantile e adolescenziale, specialmente adolescenziale in questa fase, proprio a livello di corpo, di trasformazione del corpo, di mente, a livello di aspetti legati alla progettualità, dell’essere di passaggio verso l’età adulta. In questo passaggio bisogna agire sugli adolescenti direttamente, sulle attività curriculari nelle scuole, oltre che sulle attività extracurriculari, sulla normalità, non pensare che solo i progetti speciali siano quelli risolutivi; bisogna agire sulla normalità e favorire una crescita da parte dell’insegnate rispetto al proprio ruolo educativo e di crescita. È chiaro che in questo percorso la famiglia è fondamentale, perché anch’essa vive la crisi di questo momento, e bisogna rinforzare anche i ruoli del genitore e delle figure familiari come elementi di supporto, come agenzie primarie rispetto a questo percorso di crescita.”
“Quindi è importante anche rafforzare una sorta di accompagnamento per i giovani nel loro percorso di formazione, anche in ambiti come la scuola?”
Paolo Ugolini: “Come accennato la scuola e la famiglia, ma accennerei molto di più al ruolo del gruppo dei pari, il gruppo degli amici come elemento fortissimo in questa fase storica del mondo giovanile. L’idea di trovare nel gruppo degli amici un rispecchiamento, un confronto, un’identificazione o una differenziazione, un consiglio, un aiuto, un supporto come di fatto avveniva anche per Mia dentro al suo gruppo di amici; nel momento in cui viene a mancare questo aspetto è chiaro che di conseguenza viene a mancare anche quella parte del tuo sé che è precario, che è di costruzione, quindi ha bisogno di tante gambe e braccia che il gruppo degli amici in qualche modo crea e ridefinisce all’interno della cultura di quel gruppo, all’interno delle relazioni socio-affettive e socio-emotive di quel gruppo e quindi è importantissimo questo passaggio dalla famiglia al gruppo dei pari come momento per trovare un altro soggetto di socializzazione primaria.”
“Una volta che il soggetto riesce ad uscire da questo loop della violenza psicologica, in che modo viene percepito dal gruppo di amici di prima? Ovvero viene percepito come un soggetto debole, quindi da allontanare, oppure c’è più una predisposizione ad accoglierlo e a riammetterlo all’interno del gruppo?”
Paolo Ugolini: “È assolutamente un elemento non di debolezza, ma di forza nello stare vicino, nel supportare e nell’aiutare e nell’accettare la persona che ha subito questa violenza, questo amore tossico e questa situazione di stalking. In questo c’è un’accettazione, un riconoscimento da parte sia del gruppo degli amici sia da parte della famiglia. C’è, però, la difficoltà spesso ad essere d’aiuto perché siamo in una fase di società liquida e di crisi degli stessi ruoli dei soggetti che fanno parte della famiglia e del gruppo degli amici. Nella famiglia in particolare modo perché vive questa difficoltà nel ridefinire il rapporto complementare fra adulto e bambino e un rapporto invece di simmetria adulto-adulto; in questo passaggio la famiglia deve ridefinirsi come identità sia personale sia come coppia rispetto a che cosa essere nel rapporto con l’adolescente. In questo c’è una crisi nel non riuscire come in questo caso ad essere vicini, come nel film di Mia, nel modo e nella forma opportuna con la figlia che però è una storia a sé, particolare, ogni storia familiare è una storia a sé, per cui possiamo dire tante cose belle ma poi trovarsi di fronte all’essere persona e interagire in una relazione socio-affettiva e socio-emotiva di un sentimento d’amore, mette in gioco degli aspetti che solamente chi è dentro quella relazione deve imparare ad esserci e a starci nel modo e nella forma migliore, affinché quel rapporto sia efficace. Non bastano i grandi slogan, ma ci vogliono dei coinvolgimenti ed un esserci dentro il più possibile.”
Per la dott.ssa Marusca Stella
“Spesso in adolescenza gli amici sono quelli che captano di più, sono i primi che captano che c’è un cambiamento all’interno della persona, quando avviene un allontanamento e quando c’è qualcosa che non va, prima che riescano a capirlo i genitori, che magari in questa fase si ritrovano più in difficoltà perché ci sono da ridefinire i ruoli di cui parlavamo prima. In che modo gli amici possono concretamente essere d’aiuto e non essere percepiti come dei traditor? Perché magari c’è chi capta che l’amica non sta bene e vorrebbe parlare con i genitori, ma ha paura di essere allontanato.”
Dott.ssa Marusca Stella: “È una domanda molto sottile e che coglie proprio anche la fatica del trovare il percorso giusto e anche l’ambivalenza che ci può essere nel tentativo di aiutare: da una parte rimanere solidali con l’amico o l’amica e dall’altra parte invece magari sottolineare agli adulti di riferimento. Io penso che gli amici possano assolutamente sostenere il dialogo, provare nuovamente di includere queste situazioni, ma se ci sono davvero delle sofferenze molto gravi e degli isolamenti non vedo neanche così come un tradimento il poter parlare con i propri genitori. A volte ho avuto situazioni dove alcuni ragazzi hanno parlato prima con i propri genitori e poi creato una rete di vicinanza, di contenimento. Penso che a volte ci sia proprio bisogno di un contenitore, laddove comunque per alcuni adolescenti può diventare davvero molto difficile fronteggiare situazioni di alto rischio, e poter fare anche un po’ coalizione nel gruppo; ci vorrebbe qualcuno di molto sensibile e riflessivo che fa un po’ gruppo perché se si è poi in più persone, si riesce anche ad arrivare di più a contenere, a sostenere. Invece, ad esempio, nel film Mia tutti si accorgono, anche l’allenatore, altra figura educativa che può essere straordinaria, ma scivolano via, sono presenti e poi scivolano via. Ecco forse non bisogna fare questo, essere presenti e poi scivolare via, ma bisogna esserci e stare di più nelle situazioni”
“Quindi in qualche modo riuscire a prendersi la responsabilità e dire “io lo so, devo fare qualcosa”?”
Dott.ssa Marusca Stella: “Hai usato una parola perfetta: responsabilità. Responsabilità e assumersi anche le conseguenze di alcune scelte che puoi fare a favore di situazioni difficili, ma soprattutto stare di più nelle relazioni, non esserci e poi pensare che dopo poco tempo le cose possano essere risolte. Perché c’è proprio questo aspetto: percepisco il problema e lo nego allo stesso tempo. Se il problema c’è, bisogna che io un pochino ci stia dentro e aiuti.”
Tutto ciò che hanno detto gli esperti è sacrosanto e importante.
Il consiglio per tutti è quello di partecipare attivamente agli incontri o agli approfondimenti su queste delicatissime tematiche; non sottovalutatele e non datele per scontate perché si sa che, quando si è più giovani, si tende a non dare tanto peso alle attività e agli incontri in cui si parla di tutto ciò perché si pensa che sia tutto molto scontato, che si sa già tutto e che probabilmente a noi non capiterà mai di trovarci in situazioni simili.
La verità è che non è mai scontato e soprattutto non è mai così semplice affrontare carichi emotivi e psicologici così pesanti, basta davvero poco per cadere in una spirale di impotenza e sopraffazione.
Ma anche se non dovesse mai capitarci di finire in situazioni drammatiche, come quelle di Mia, è forse un motivo sufficiente per non informarci e far finta di niente? E se fossero persone vicine a noi, nostri cari, a finire in questo limbo? Come potremmo aiutarli se tutte le volte che ne abbiamo avuto l’occasione abbiamo minimizzato il potere dell’informazione? Probabilmente se capitasse, ci ritroveremmo nella stessa situazione di impotenza dei genitori di Mia, bloccati e disperati.
Inoltre, anche se dovessimo essere particolarmente fortunati e non imbatterci mai in questo problema, dovrebbe essere il nostro buon senso a chiederci di saperne di più, di sapere cosa succede, perché succede e come affrontare il tutto.
Non serve toccare il fondo, non serve che sia troppo tardi per prendere consapevolezza di ciò che andrebbe fatto. Di conoscenze nell’ambito emotivo e psicologico non ce ne sono mai abbastanza, pensiamo di sapere già tutto, ma dovremmo pensarla in questi termini “non ne sappiamo abbastanza”, in modo che questo ci porti a spingerci oltre, a ricercare ancora più informazioni. Inoltre, come accennato dalla dott.ssa Marusca Stella, è importante capire che non basta essere presenti, ma poi scivolare via senza fare niente, nella speranza che tutto si risolva da sé. È importante restare sempre vicini alla persona in difficoltà e soprattutto comunicare e dialogare dei problemi, non va sottovalutata l’importanza anche solo dei piccoli gesti.
Come detto dagli esperti stessi, rassegne come “Cinema e Psiche” aiutano tantissimo in questo processo di informazione e formazione. Fate tesoro di quanto detto in questa intervista e rimanete sempre aperti alla conoscenza.
Per concludere, grazie a tutti coloro che hanno partecipato alla rassegna e che hanno letto o leggeranno le interviste fatte.
Un grandissimo ringraziamento va anche al Centro Adriatico di Psicoanalisi per aver organizzato questa bellissima rassegna e al cinema Eliseo per averla ospitata e per averci permesso di intervistare gli esperti!
Beatrice
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