Trent’anni fa, il 1 settembre 1992, Cesena veniva tinta di nero. Un lutto, forse, fra…

L’uomo robusto si strofinò le mani sporche di fuliggine e si sedette stancamente sullo sgabello di legno. La sua schiena era curva e fissava il pavimento danneggiato dagli attrezzi che gli cadevano dalle mani e dalle macchie d’olio color getto. Fissando il vuoto, lasciò vagare gli occhi. Il suo respiro era profondo, lento e rauco. Guardò le sue mani sulle ginocchia e si rese conto che si aveva rotto un’unghia, un’altra delle innumerevoli. Si grattò il cuoio capelluto e guardò fuori dalla finestra. Era il crepuscolo, ma erano appena le tre del pomeriggio, l’inverno era già dietro l’angolo. Una folla di studenti camminava dall’altra parte del vetro, ridendo, mangiando in fretta, leggendo frettolosamente dei libri… lui non è mai andato all’università, né a scuola. I suoi genitori gli avevano insegnato a scrivere molto tempo fa, ma nemmeno lui poteva immaginare cosa stessero studiando gli altri ragazzi dall’altra parte del vetro. Lo sgabello scricchiolò quando l’uomo si chinò per toccare il legno danneggiato. La vernice era molto consumata e il legno presentava profondi squarci da cui spuntavano delle schegge. La vita all’interno di un’officina è più lenta. Un artigiano deve passare molto tempo a lavorare sotto la luce di una lampadina giallastra prima di poter fare qualcosa di magico… qualcosa di costoso, utile e unico. O almeno così gli diceva suo padre quando era bambino, mentre passava mille e una notti a girare cacciaviti.
– Tutto ruota intorno al tempo, ed è l’unica cosa che non si può riavere indietro, qualunque cosa accada. Ricordatelo, principe mio. – l’uomo robusto ripeté a sé stesso.
Dopo un po’ si alzò dallo sgabello con difficoltà e andò con passi pesanti alla cassa per fare i conti del giorno. Non è stato un giorno di grandi guadagni, ma non è stato nemmeno un brutto giorno. Era un giorno come un altro. Chiuse il libro contabile e lo mise in uno dei cassetti. Il laboratorio era piccolo e accogliente. I suoi prodotti erano di altissima qualità, ma sempre meno persone erano interessate ad essi. Dopo aver fatto i conti, raccolse gli strumenti, si mise il cappotto e si diresse verso l’uscita. Mentre teneva il manubrio si girò a guardare l’interno del negozio per l’ultima volta oggi. Premé l’interruttore della luce ed uscì sulla strada fredda.
Gli studenti se ne erano andati. L’uomo robusto camminò lentamente verso casa, dove il suo più caro e migliore amico a quattro zampe lo stava aspettando. L’insegna del negozio ondeggiava nel vento, diceva: Riparazioni y Orologiaio Belò.
Alessandro Gazzola
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